9° CONGRESSO PROVINCIALE
- La relazione del presidente
- Quali sono le principali caratteristiche della globalizzazione?
- Globalizzazione: fenomeno positivo o negativo?
- Gli effetti economici
- La globalizzazione e il lavoro
- Effetti socio-politici
- La dottrina sociale della chiesa
- Quale atteggiamento tenere?
- Indicazioni bibliografiche
- La mozione del congresso provinciale
Cari Amici,
siamo arrivati a questo congresso dopo alcuni anni densi d'avvenimenti, che ci hanno visto impegnati su vari fronti.
Voglio ricordare per tutti, con un pizzico d'orgoglio, la ristrutturazione della nostra sede di Crema che ci permette di offrire servizi migliori in un ambiente ancora più confortevole.
Abbiamo continuato a lavorare nell'ambiente della formazione ritenendo che essa sia ancora il campo d'impiego primario.
Una formazione continua che ci ha permesso di salvaguardare l'autonomia del nostro movimento da qualsiasi ingerenza e strumentalizzazione di parte, consapevoli, che un movimento conta per le idee che porta avanti e per i valori che incarna.
Non dobbiamo mai dimenticar che il nostro compito principale è quello di evangelizzare, in quanto abbiamo consapevolmente voluto essere “un movimento ecclesiale di testimonianza evangelica organizzata”.
Il congresso è certamente un momento di verifica e di rendiconti, ma è anche, e direi principalmente, un momento d'elaborazione culturale e progettuale, per delineare una linea chiara ed efficace, capace di incidere nei meccanismi della formazione delle coscienze per costruire una società per l'uomo, attraverso una politica finalizzata al bene comune.
Il tema di questo congresso è molto dibattuto in questo periodo.
La commissione per la pastorale sociale della nostra Diocesi ha dedicato il corso 2000 – 2001 della “Scuola diocesana di formazione all'impegno socio-politico” a questo tema con ben sette lezioni. Quattro sono già state svolte e pertanto colgo l'occasione per invitarvi a partecipare alle ultime tre. Non è sicuramente tempo perso.
Data la vastità dell'argomento da trattare, cercherò di dare solo alcune indicazioni per la discussione, mentre una relazione più dettagliata è contenuta nella cartella che vi è stata consegnata.
Negli ultimi anni della globalizzazione è diventato molto di moda. Tanto i dibattiti politici che quelli accademici (e anche i documenti ecclesiastici) parlano spesso della globalizzazione come di una nuova fase dei rapporti internazionali in campo economico, politico e culturale.
Ma come si caratterizza questo fenomeno?
Quale dovrebbe essere l'atteggiamento dei cristiani davanti ai processi globali?
Non sarà un fenomeno che i cristiani debbano innanzitutto conoscere ed approfondire per imparare a gestire e a riflettere in profondità perché lo sviluppo non dimentichi la solidarietà?
La prima affermazione che è opportuno fare sulla globalizzazione, è che è impossibile evitarla.
La si potrà criticare, se si vuole, la si deve anzi criticare, come si vedrà di seguito, ma è inutile ignorarla o credere di poter prescindere da essa: sarebbe troppo pericoloso e deleterio.
La globalizzazione fa pensare prima di tutto ad un fatto economico.
In un certo senso la globalizzazione si contrappone alla multinazionalizzazione. Quest'ultimo termine indica che un'impresa, nonostante sia presente in più paesi, rimane legata principalmente ad uno, in genere il paese d'origine.
Il termine globalizzazione, invece, indica che l'impresa è svincolata da una base territoriale, che il suo territorio è il mondo, che decide la propria strategia produttiva in funzione dei costi di produzione dei diversi paesi e in vista di un prodotto da vendere nel maggior numero possibile di paesi.
Ma la globalizzazione non è solo un fatto economico, anzi forse non lo è neppure principalmente. In effetti, una questione importante – e su cui forse si potrebbe aprire un dibattito – è se la globalizzazione della produzione, del commercio e della finanza è causa o effetto d'altri fenomeni attuali, come l'esplosione telematica, l'internazionalizzazione dei rapporti politici, di certi fenomeni culturali e, perché no, di conflitti bellici.
Inoltre la globalizzazione si estende anche ad altri settori quali:
• Le risorse e l'ambiente (alimentari, energetiche, ecc);
• La droga e le epidemie.
Quindi, sintetizzando, possiamo dire che per globalizzazione s'intende il processo di continua e sempre più diffusa interazione d'alcuni aspetti della vita dei diversi popoli della terra.
Ma il significato del termine, come ho detto prima, è soprattutto economico e sta a significare la progressiva integrazione de mercati, per cui è possibile investire in tempo reale a Tokyo o a New York, e muovere ingenti somme di denaro. Esistono società multinazionali a carattere finanziario, le barriere doganali vengono abbattute, la concorrenza è planetaria, le fabbriche s'impiantano ovunque, laddove ci siano condizioni più favorevoli.
Per globalizzazione insomma s'intende quel processo che c'indirizza velocemente verso una “ economia-mondo” e una “società mondo”.
QUALI SONO QUINDI LE PRINCIPALI CARATTERISTICHE DELLA GLOBALIZZAZIONE?
1. Il ruolo centrale assunto dall'informatica e dall'innovazione tecnologica.
La globalizzazione è in parte un risultato dell'evoluzione tecnologica nel campo dell'informazione.
Oggi noi comprendiamo il tempo soprattutto in termini di presente, siamo come “appiattiti” sul presente, data la possibilità di comunicare in tempo reale. Dopo internet, tutti i giornali nascono vecchi e la coscienza tende a formarsi sull'immediatezza
2.La delocalizzazione
La “delocalizzazione ”è il trasferimento di intere produzioni in paesi con costi più bassi. E' dettata dalle esigenze di abbattere i costi di produzione, e, in particolare, il costo del lavoro; la delocalizzazione avviene così verso i paesi in via di sviluppo e, da ultimo, anche verso i paesi dell'est.
3. La materializzazione della produzione
L'economia di un tempo era basata su elementi “materiali”: materie prime fonti di energia, via d'acqua navigabili, acque profonde per i porti, linee ferroviarie, strade asfaltate… Oggi i dati salienti dell'economia sono i satelliti televisivi, la possibilità di raggiungere una certa zona con segnali radio, la diffusione delle informazioni.
Sono moltissimi i prodotti “incorporei”: i prodotti finanziari, il marchio, il know-how.
4.La prevalenza della finanza.
L'evoluzione informatica, considerata dal punto di vista economico, ha contribuito alla formazione di un mercato finanziario globale.
Oggi i grandi mercati finanziari come Wall Street, Tokyo, Londra, Francoforte, Hong Kong, Singapore, lavorano ventiquattro ore su ventiquattro.
Una conseguenza che rende visibile l'effetto della globalizzazione sul mercato finanziario è la sensibile diminuzione del potere nazionale nell'ambito delle relazioni finanziarie rispetto al passato. Pertanto, i margini di manovra dei governi nazionali in materia monetaria e fiscale si sono ridotti.
GLOBALIZZAZIONE: FENOMENO POSITIVO O NEGATIVO?
Non esiste una risposta univoca. Dipende dai punti di vista e dall'uso che se ne può fare. In sé l'idea di un mondo globale può essere molto positiva, in quanto può consentire di sentirsi parte di una realtà che, per quanto ampia, è per molti versi vicina e raggiungibile. Ma le conoscenze che possiamo ricevere da un mondo globale non sono sempre utilizzate per il bene comune, ed ecco che la globalizzazione diviene, allora, immediatamente un fatto negativo.
Ci sono quindi molti aspetti positivi e molti aspetti negativi in base ai quali possiamo affermare che la globalizzazione, nell'attuale fase, presenta ancora un volto fortemente ambiguo.
Vediamo alcuni aspetti:
1.La contraddizione tra integrazione e frammentazione
La globalizzazione da un lato è un forte movimento che unisce, compatta, integra. In questo senso può essere un fenomeno positivo. Essa, però, da un altro lato, crea concorrenza spietata, emarginazione sociale, o addirittura emarginazione di interi continenti.
2. La contraddizione tra universale e particolare
L'integrazione universale può essere positiva in quanto mette in relazione le varie culture e vari modi di vivere, li mette a confronto tra loro, evita che si chiuda nei particolarismi e nei nazionalismi. D'altro canto, però, presenta anche il pericolo della omologazione, cioè dell'annullamento delle diversità culturali.
3.La contraddizione nella tecnica dell'informazione:
- L'informatizzazione è democratica o autoritaria?
- L'informatizzazione è positiva o negativa?
La globalizzazione è democratica? Sembrerebbe di si perché moltiplica le opportunità, crea spazi di libertà e di iniziativa, permette a tutti di comunicare con tutti tramite Internet, eccetera.
La tecnica dell'informatizzazione ci offre la possibilità d'immagazzinare un'immensa quantità d'informazioni, di elaborarle e di trasmetterle istantaneamente in qualsiasi punto della terra.
Purtroppo, però, le reti informatiche sono nelle mani di pochi, ci sono alcuni spazi chiave da cui dipendono tutti gli altri spazi, tutti possono muoversi ma su ruote già disegnate da qualcuno.
Abbiamo già visto alcuni degli effetti economici principali. Essi si possono riassumere nei seguenti: internazionalizzazione degli investimenti, delle industrie ed anche degli individui. Gli investimenti, grazie alla internazionalizzazione della finanza e all'informatica, hanno ormai come teatro il mondo intero. Per quanto riguarda le industrie, esse non tengono più conto degli interessi dei rispettivi paesi e si moltiplicano le società multinazionali.
Secondo alcuni, tutto ciò ha posto in crisi lo schema economico classico (quello fornito da Keynes). Secondo questo schema, se è necessario dare impulso all'economia, è sufficiente ridurre i tassi d'interesse e incrementare la spesa pubblica. Se. Al contrario, occorre contenere l'espansione, è sufficiente aumentare i tassi. Ora questo non sembra più vero. Infatti, un'economia senza confini, l'espansione di una domanda in un paese può causare un'impennata nella offerta in un altro, accompagnata da un aumento dei livelli occupazionali. Se si applica all'interno di un paese, può non avere riflessi positivi sull'occupazione perché la produttività può essere ottenuta con l'uso dei computer e dei robot. Inoltre la riduzione dei tassi d'interesse, oltre ad incrementare l'offerta interna, potrebbe anche avere la conseguenza di indurre gli investitori stranieri a portare all'estero i loro capitali. Come si vede, la globalizzazione mette in crisi anche determinati parametri economici. Un altro effetto economico della globalizzazione è la finanziarizzazione dell'economia cioè il crescente afflusso delle risorse disponibili non alla produttività (e quindi, almeno in una certa misura, all'occupazione)ma al puro gioco dei mercati finanziari. Questo fatto produce non beni e servizi, ma una notevole (a volte immensa) disponibilità dei mezzi, che diventano fine a se stessi e possono portare danni immensi. Il beneficio della globalizzazione o “dell'economia mondiale” spesso viene ridotto al piccolo risultato di una smisurato arricchimento personale, ben lontano dal servire “a creare straordinarie occasioni di maggior benessere”. Tutto questo porta alla degenerazione e il risultato di questa avarizia spesso si traduce in tragedia per tanta famiglie che si trovano senza un reddito a causa di imprenditori spregiudicati e senza scrupoli.
LA GLOBALIZZAZIONE E IL LAVORO
La continua innovazione tecnologica specialmente nel settore dell'informatica produce inoltre il calo dell'occupazione. Non è più necessario spostare eserciti di esperti né addestrare plotoni di operai. Secondo molti, l'innovazione tecnologica è la causa principale della disoccupazione strutturale nei paesi di vecchia industrializzazione.
La concorrenza globale produce ancora disoccupazione.
Inoltre la concorrenza che i lavoratori dei paesi a bassi salari fanno nei confronti dei lavoratori dei paesi occidentali è un'altra causa delle enormi conseguenze della globalizzazione nell'ambito del lavoro. Se il meccanismo economico è lasciato a se stesso, i prodotti tendono ad andare dove i prezzi sono maggiori e la produzione tende a localizzarsi dove i costi sono minori. Poiché in vari paesi i costi del lavoro, ossia i salari, ma anche le tasse e i contributi sociali, sono inferiori a quelli di altri paesi, succede che le produzioni dei paesi più sviluppati vengono attratte verso i paesi meno sviluppati. Questo fenomeno di concorrenza riguarda i lavoratori meno qualificati dei paesi sviluppati, che si trovano a subire, in misura maggiore di quelli qualificati, la concorrenza dei lavoratori dei paesi in via di sviluppo, che si trovano spesso a scegliere tra una riduzione del salario e la disoccupazione.
Se alcuni paesi, per una politica d'investimenti, si limitano ad offrire mano d'opera a basso prezzo, potranno sì avere l'illusione di un “accesso al potere internazionale”, perché i loro prodotti saranno venduti in Italia o negli Stati Uniti, ma le loro “risorse umane”non saranno valorizzate; e di conseguenza non avranno goduto delle “straordinarie occasioni di maggior benessere”.
In realtà è ben noto che sono le donne e i bambini a produrre le merci a basso costo di mano d'opera, in Tailandia, in Pakistan e in Turchia;senza che per loro si produca alcun <<benessere>>, ma facendo nascere nuove forme di schiavitù, non molto diverse dai classici esempi di capitalismo manchesteriano del secolo scorso. Le “risorse umane” di quei paesi che non sono certo valorizzate e la globalizzazione concorre ad opprimerle anziché contribuire a liberarle. Anche questo fatto comporta una conseguenza, che tutti conosciamo, e che rischia di trasformarsi nella più grave sfida economica e sociale di questo fine secolo: la disoccupazione.
Perché ad un'occupazione disumana in alcuni paesi, per durata e genere di lavoro, corrisponde in altri paesi un'altra disoccupazione, dovuta ad un elementare calcolo di costi-benefici che spinge a trasferire nei paesi poveri non solo capitali ma tutta la struttura produttiva, mentre a questi rimangono i benefici del commercio insieme coi vantaggi della disponibilità dei beni, per chi può acquistarli. Ne consegue che non è l'automazione la sola causa della disoccupazione. E' anche la globalizzazione squilibrata le cui conseguenze si fanno sentire ovunque, proprio in virtù della stessa globalizzazione. Pertanto se essa non è consapevole della sfida che suscita, si trasforma in una terribile lama a doppio taglio.
Un altro mezzo per ridurre i costi nei paesi industrializzati è il ricorso sempre maggiore all'utilizzo di mano d'opera in affitto o con richiesta di flessibilità. I sindacati temono che un'eccessiva flessibilità possa provocare una frammentazione particolaristica dei lavoratori, molti dei quali non sarebbero più garantiti nemmeno rispetto a dei salari minimi. E' quindi necessario che il sindacato trovi un proprio ruolo all'interno della globalizzazione. Il sindacato deve attrezzarsi in idee, in tecniche ed in esperienze da verificare continuamente e aggiustare al meglio, per assumere il nuovo profilo di autore autonomo, ma corresponsabile della vita economica e sociale, non più soltanto operante nei meccanismi della ridistribuzione, ma anche quelli della produzione della ricchezza. E se dovrà assumere un ruolo attivo che lo colloca nella logica dell'imprenditorialità, il sindacato dovrà avere un orientamento critico nei confronti di quelle culture che lo vorrebbero annullare dalla storia, considerandolo soltanto come un ostacolo al progresso o come contro-potere ostile al sistema.
Il destinatario della rivoluzione culturale del sindacato è però un mondo del lavoro transnazionale in cui sono presenti più soggetti individuali e collettivi, gli occupati e i non occupati, i giovani e gli adulti, i più istruiti e i meno istruiti, e gli interessi attuali e futuri.
Si delinea così la questione che si è posta al centro della vita stessa del sindacato: una riqualificazione della solidarietà, non più da invocare come un mito, ma come valore da far vivere in modo convincente.
La rivoluzione culturale da attuare ha una sua valenza etica essenziale, senza più sostitutivi ideologici o romantici o intellettualistici. La solidarietà deve dare frutti nuovi, per situazioni nuove, facendo convergere verso precisi obiettivi quali un istruzione crescente ed elevante, un sistema di sicurezza sociale che non favorisca passività e ingiustizie, un lavoro che ritorni ad avere un posto fondamentale per la vita di tutti. Diversamente, una tragica conflittualità trasversale tra generazioni, tra istruiti e non istruiti, tra chi è dentro e chi è fuori, tra chi conta molto e chi non conta nulla, occuperà il nostro futuro non lontano. Così noi dobbiamo cercare di rafforzare le ragioni di una solidarietà vera, consapevoli che è finita la stagione della politica assistenziale. Ci vuole quindi una forte attenzione per una politica formativa: nel passare dalle parole ai fatti, bisogna partire dal mondo del sapere.
La concorrenza tra le parti chiede partecipazione matura ed equilibrata: noi dobbiamo offrire ai nostri lavoratori una consapevolezza più determinata.
Qui si inserisce uno degli scopi principali del MCL: la FORMAZIONE.
Nel campo del lavoro c'è bisogno di una Formazione più efficace e quantitativamente migliore; c'è necessità che essa sia svincolata da logiche assistenziali, affinché si possa incidere nei nuovi processi organizzativi del alvoro; c'è da rafforza l'esperienza della democrazia nell'economia e nell'industria.
La stagione della globalizzazione sta rapidamente cambiando le regole: prima che la logica della new economy prenda selvaggiamente ancora più forza, c'è bisogno di una nuova stagione di dialogo sociale.
Le parti sociali hanno uno spazio ed un ruolo fondamentale; se vogliono contribuire a mantenere e sviluppare lo standard di vita delle nostre comunità, debbono sviluppare un percorso che li veda compartecipi nella scrittura delle nuove regole: senza di esse vincerà solo una logica che è contro l'uomo e contro la nostra storia di cristiani impegnati nella società civile.
1.La frammentazione sociale
La globalizzazione crea numerosi problemi alla coesione sociale, in quanto rischia di accentuare le fratture e le contrapposizioni. Innanzitutto, come abbiamo visto a proposito del lavoro, aumenta la contrapposizione tra lavoratori non qualificati e lavoratori qualificati. La concorrenza all'interno della società, e quindi la conflittualità viene accentuata, tenendo conto anche della insoddisfazione cronica dei disoccupati che, oltre ai lavoratori non qualificati, colpisce anche i colletti bianche, molti dirigenti di azienda cinquantenni e le donne. La società risulta molto meno integrata, aumenta l'emarginazione e quindi aumentano coloro che sentono legami di solidarietà e di appartenenza alla comunità in cui vivono. Anche il concetto di “cittadinanza” in particolare subisce una profonda revisione. Finora il lavoro che dava, in un certo senso, diritto alla cittadinanza e il pagamento delle tasse dava al cittadino la possibilità di vantare diritti verso lo Stato. Ora c'è il rischio concreto ch di fatto i disoccupati siano considerati al di fuori di questo diritto di cittadinanza.
2.La crisi della democrazia
La democrazia corre due tipi di pericoli: uno interno e l'altro esterno.
Quello interno : se aumenta l'emarginazione e la disoccupazione, le fasce sociali non si sentono più garantite, verranno il senso di “cittadinanza”, dei diritto e doveri di cittadino e con essi la partecipazione democratica.
Quello esterno : quando le regole sembrano dettate dalle strutture economiche internazionali, la partecipazione democratica e politica all'interno degli stati perde di significato e di importanza. Se il potere dello Stato, come sembra essere e come diremo più avanti, si riduce e i suoi margini di manovra si restringono, anche la partecipazione alla vita politica, a cominciare dal voto, rischia di svuotarsi di significato. Del resto la frammentazione sociale produce anche la crisi dei partiti.
3.Lo Stato-nazione e lo Stato-sociale
Il ruolo dello Stato nazionale o dello Stato – nazione come si usava dire, viene messo in discussione dalla globalizzazione. Esso di trova spesso inadeguato in quanto politicamente può agire in ambito ristretto (quello, appunto, nazionale) mentre altri soggetti (le società multinazionali, i finanzieri…) oprano in un campo più vasto e dettano le norme a cui i singoli Stati devono attenersi. Gli Stati sono spesso messi di fronte al fatto compiuto: se un'azienda decide di trasferire le sue fabbriche all'estero, creando nella nazione d'origine disoccupazione e sottraendo allo Stato introiti fiscali, lo Stato non può fare nulla.
Le politiche degli Stati si assomigliano perché dettate dalla necessità internazionale, tanto è vero che spesso governi di destra o di sinistra che si avvicendano al potere fanno la stessa politica.
I confini politici tendono ad essere sostituiti da quelli economici.
In crisi si trova specialmente lo Stato sociale, in quanto i costi per le politiche sociali ed assistenziali aggravano il sistema – paese e quindi la competitività delle aziende nazionali rispetto a quelle di altre nazioni che hanno uno Stato meno interventista.
LA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA
Già Giovanni XXIII trent'anni or sono, nella Mater et magistra e, dopo di lui, Paolo VI nella Populorum progressio (n. 4), hanno affermato, più o meno con le stesse parole, che la <<questione sociale ha acquisito una dimensione mondiale>> e che oggi è questa la sua caratteristica peculiare o, come diceva Paolo VI, <<il fatto di maggior rilievo>>.
La Dottrina sociale della Chiesa prende atto e accetta che la globalizzazione è un fenomeno positivo, pur facendo rilevare, con serietà e con attenzione, le sue possibili o reali deviazioni.
La DSC è preoccupata che non vada perduta la dimensione umana del fenomeno. Ad essere “globale” è innanzitutto l'umanità, proprio per la vocazione sociale dell'uomo, proprio per la sua apertura agli altri che deriva dall'essere “a immagine a somiglianza di Dio”.
Insomma il significato profondo della globalizzazione non è tecnico ma antropologico. Da qui il giudizio non univoco sulla globalizzazione.
Un giudizio positivo in quanto le nuove tecnologie e la riduzione dei tempi e degli spazi legano l'umanità in modo sempre più interdipendente.
Un giudizio negativo in quanto la globalizzazione può anche potenziare il potere distruttivo di istituzioni ingiuste. La DSC è molto attenta a segnalare le potenzialità e i pericoli, attraverso un criterio etico e umanistico.
In particolare la DSC offre agli operatori economici e politici i due principi di sussidiarietà e solidarietà che, nel campo dei rapporti internazionali, possono trovare molteplici vie di applicazione.
Mi limiterò ad indicare te vie possibili per affrontare le sfide di cui si è parlato
- La prima via, che suggerisce il Papa al n. 58 della Centesimus annus, consiste nel fatto che <<a questa crescente internazionalizzazione dell'economia corrispondono validi organi internazionali di controllo e di guida>> e aggiunge: << che indirizzino l'economia stessa al bene comune, cosa che ormai un singolo stato, fosse anche il più potente della terra, non è in grado di fare>>. Gli <<organi internazionali di controllo sono ben noti. Ma sono noti anche i loro limiti. Ciò nonostante l'intuizione che negli anni '40, alla fine della guerra, è stata alla base della loro istituzione, risponde ad una vera necessità internazionale. Per questo la Santa Sede li ha sempre ritenuti indispensabili,senza per questo mancare di criticarli, quando è stato necessario farlo. Questi organismi sono politici, economici e finanziari. Gli uni e gli altri strettamente uniti e coordinati tra di loro, almeno in teoria. Perché è impossibile che si abbia una globalizzazione efficace e sana dell'economia senza una corrispondente volontà politica
- La seconda via che si può suggerire e che viene già seguita è quella della regolarizzazione dell'economia. Regolarizzazione che non si oppone alla .globalizzazione ma che la equilibria e la rafforza. Né la si deve vedere come un mezzo di difesa, perché ciò equivarrebbe a toglierle importanza e quindi a renderla più vulnerabile. Al contrario, la si deve intendere come conseguenza di esigenze economiche e geopolitiche (si veda anche il reciproco condizionamento), in un mondo in cui l'isolamento porta alla recessione e alla paralisi. E' sorta così la Comunità Economica Europea, ora Unione Europea, col suo irresistibile dinamismo politico, sociale, economico. Queste importanti istituzioni hanno favorito rapporti positivi fra le varie nazioni ma devono stare bene a non cadere vittime degli stessi mali cui vogliono porre rimedio. Ne cito uno soltanto: il pericolo di ridursi ad associazioni di puro mercato, senza altro orizzonte e prospettiva. Il mercato da solo non paga se non è in funzione di una vera cooperazione sul piano politico, sociale, culturale, vale a dire, in una parola umano. Purtroppo queste parole sembrano pura utopia in un contesto di basso livello culturale dei nostri Parlamentari Europei. Mi rendo conto che è una affermazione forte ma credo che sia anche la più elegante di fronte alla recente stesura della “Carta dei diritti fondamentali” della Unione Europea in merito alla quale è intervenuto il Papa il 16 dicembre scorso in occasione del convegno per il 1200° anniversario dell'incoronazione imperiale di Carlo Magno. Il Papa ha detto : “ La commemorazione dello storico evento ci invita a volgere lo sguardo non soltanto al passato ma anche all'avvenire. Essa, infatti, coincide con la fase della stesura della “Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea ”. Questa fausta coincidenza invita a riflettere sul valore che oggi conserva la riforma culturale e religiosa promossa da Carlo Magno: il suo rilievo, infatti, è ben maggiore dell'opera da lui svolta per la materiale unificazione delle varie realtà politiche europee dell'epoca.
E' la grandiosa sintesi dell'antichità classica , prevalentemente romana, e le culture dei popoli germanici e celtici, sintesi operata sulla base del Vangelo di Gesù Cristo, ciò che caratterizza il poderoso contributo offerto da Carlo Magno al formarsi del Continente. Infatti, l'Europa, che non costituiva un'unità definita dal punto di vista geografico, soltanto attraverso l'accettazione della fede cristiana divenne un continente, che lungo i secoli riuscì a diffondere quei suoi valori in quasi tutte le altre parti della terra, per il bene dell'umanità. Al tempo stesso, non si può non rilevare come le ideologie, che hanno causato fiumi di lacrime e di sangue nel corso del XX secolo, siano uscite da un'Europa che aveva voluto dimenticare le sue radici cristiane.
L'impegno che l'Unione Europea si è assunto di formulare la carta dei diritti fondamentali costituisce un tentativo di sintetizzare nuovamente, all'inizio del nuovo millennio, i valori fondamentali ai quali deve ispirarsi la convivenza dei popoli europei. La Chiesa ha seguito con viva attenzione la vicenda dell'elaborazione di tale documento. Al riguardo, non posso nascondere la mia delusione per il fatto che non sia stato inserito nel testo della Carta neppure un riferimento a Dio, nel quale peraltro sta la fonte suprema della dignità umana e dei suoi diritti fondamentali. Non si può dimenticare che fu la negazione di Dio e dei suoi comandamenti a creare, nel secolo passato, la tirannide degli idoli, espressa nella glorificazione di una razza, di una classe, dello stato, del partito, della nazione, in luogo del Dio vivo e vero. E' proprio alla luce delle sventure riversatesi sul ventesimo secolo che si comprende come i diritti di Dio e dell'uomo s'affermino o cadano insieme.
Nonostante molti nobili sforzi, il testo elaborato per la Carta europea non ha soddisfatto le giuste attese di molti. Poteva, in particolare, risultare più coraggiosa la difesa dei diritti della persona e della famiglia. E' infatti più che giustificata la preoccupazione per la tutela di tali diritti, non sempre adeguatamente compresi e rispettati . ” – continua il Papa- “ Non basta enfatizzare con grandi parole la dignità della persona, se essa viene poi gravemente violata nelle norme stesse dell'ordinamento giuridico ”.
- La terza misura trova, appunto, nell'uomo l'adeguato contesto; o come dice il Papa (Centesimus annus n. 33) nella “valorizzazione delle risorse umane”. Il tema che voglio affrontare è quello della solidarietà, continuamente proposto da Giovanni Paolo II, in modo particolare nei numeri da 38 a 40 della Sollecitudo rei socialis. In questa occasione mi limito ad una doppia affermazione. Una globalizzazione non accompagnata dalla solidarietà si trasformerà in una nuova forma di squilibrio economico e porterà ad un aggravamento delle ingiustizie. Questo accadrà (e già accade, se non si è più che attenti) perché la solidarietà, oltre ad essere un valore morale, è, per se stesso, un valore economico, che è valutato con le stesse categorie costi – benefici. In effetti, se la globalizzazione si realizza prescindendo dalla necessità di creare partners del medesimo livello, non in senso matematico ma proporzionale, è destinata a degenerare fatalmente nello squilibrio e alla fine nella crisi. Nessuno si avvantaggia dalla schiavitù dell'altro; ed è necessario essere (o essere stato) ben miope per pensare che ci si possa indefinitamente sviluppare a spese di altri, semplicemente come persone. Il riferimento del Papa alla “valorizzazione delle risorse umane” significa appunto questo.
Quindi tornando al tema del nostro congresso, chiediamoci:
l'MCL di Crema è, o cerca di essere un attento osservatore per cercare di diventare “protagonista” della globalizzazione?
Come ho detto più volte, alla globalizzazione del solo mercato, l'unica forza che si può opporre alla politica all'altezza della situazione. Per fare ciò è necessaria una continua ed adeguata formazione.
La Formazione, il nostro primario impegno. Nel territorio facciamo decine e decine di incontri firmativi (credo oltre settanta all'anno).
Non dobbiamo dimenticare che la formazione indispensabile per “essere dentro la Storia”.
Non ci stancheremo mai di dire che questa è l'unica strada che può creare delle persone adeguate ad impegnarsi seriamente nel sociale e nel politico (senza fare danni). Un politico “bonaccione” ma non all'altezza della situazione reca danni come un politico disonesto. Un politico non all'altezza deve starsene a casa sua perché non è giusto che gli altri paghino per la sua ignoranza e spesso anche arroganza.
Dobbiamo pertanto essere capaci di vedere,dico vedere, se agiscono in base a quello che dicono.
Dobbiamo avere il coraggio e la rabbia di dire quello che vediamo, scriviamolo ai giornali locali. Forse a furia di rendere pubbliche le loro ipocrisie, coloro che non fanno bene il proprio lavoro, potrebbero mutare il loro operato o, speriamo, andarsene.
Non si può risparmiare infrastrutture vitali e poi sperperare i soldi in consulenze e per opere che non sono utili al cittadino. Il problema della viabilità è un esempio per tutti (permettetemi una battuta: vi siete mai chiesti se chi fa certe “pensate”, propone certe soluzioni seduto in un comodo ufficio sarà mai andato a vedere che cosa succede dove ha messo mano? Certo che se pure c'è andato è ancora più grave. Qualcuno potrà obiettarmi: ma tu che competenze hai per fare queste affermazioni? E' vero, io non ho competenza specifica in questa materia, ma siccome non sono un arrogante, cerco di vivere la realtà ad occhi aperti, guardando in faccia alla gente ed ascoltando i loro problemi).
E a proposito dei soldi sperperati, vorrei ricordare che spesso, per far fronte a determinate spese, i soldi vengono “carpiti” alla povera gente speculando sugli errori causati dagli stessi enti pubblici. L'ICI, un altro esempio per tutti.
Ritorno su un vecchio concetto che mi sta molto a cuore: l'attuale struttura Bipolare non è un Dogma.
Chi ha detto che l'attuale bipolarismo è una cosa giusta non si può fare di meglio?
Io non voglio imporvi questo dubbio, ma mettete ma mettete a confronto quello che i politici ci dicono sul Bipolarismo con quello che fanno: i doppi, i tripli, quadrupli salti da una parte all'altra.
Non voglio convincervi, siete capaci di trarre conclusioni da soli.
L'MCL di Crema in questi anni è stata accusata di fare politica e non pre-politica come sancito dal nostro statuto.
Bene, credo sia opportuno che vi rilegga un passaggio della mia relazione del 1996:
“ Purtroppo tutti quelli che hanno voluto la diaspora dei cattolici in politica sono quelli che hanno voluto un cattolico che in politica conta poco o nulla.
Non si tratta di ricostruire la vecchia DC, ma un movimento capace di aggregare tutti i moderati in un progetto ispirato ai valori della Dottrina Sociale della Chiesa. I cattolici devono tornare ad essere protagonisti della vita politica e sociale del nostro Paese, non per mania di protagonismo, ma perché siamo convinti che solo la fede rende gli uomini liberi e forti. E ciò costituisce il presupposto principale per progettare una società più giusta e più umana, nella quale l'uomo potrà realizzarsi nella pienezza della sua persona ed umanità.
Non si tratta di essere integralisti o fondamentalisti, perché la società che noi volgiamo costruire la vogliamo costruire insieme ad altri, prescindendo dalle convinzioni religiose. Occorre quindi dialogare con tutti, ma principalmente con coloro che rappresentano quei milioni di cittadini che, delusi da alcuni indegni rappresentanti politici della Democrazia Cristiana, anche se convinti della inconciliabilità del comunismo e del fascismo con le scelte di libertà e di progresso, hanno indirizzato le loro preferenze verso altri partiti.
Sicché l'attuale fase di accentuata frammentazione dei contenitori politici che più o meno esplicitamente si richiamano ad un'ispirazione cristiana( cui corrisponde ancora più accentuata la loro perdita di visibilità, peso e capacità d'iniziativa ), compito che il Movimento deve svolgere in piena autonomia e senza perdere in identità e ruolo è quello di rappresentare uno dei luoghi privilegiati d'incontro tra tutti i cristiani impegnati sia nel politico sia nel sociale sia nell'ecclesiale, perché la naturale tensione unitiva rappresentata dalla comune fede ed animata da un comunitario discernimento, dia vita ad iniziative, proposte e progetti adeguati, coerenti, condivisibili e proponibili a chiunque abbia a cuore la costruzione di un futuro migliore e più sereno. ”
Ecco perché il MCL ed alcuni dei suoi dirigenti hanno lavorato attivamente all'interno del progetto “Dialogo per il Centro”. Proprio nell'ottica di trovare quel “luogo privilegiato d'incontro tra tutti i cristiani impegnati” o che desideravano impegnarsi.
Nel momento in cui gli aderenti a “Dialogo per il Centro” hanno deciso di organizzare una lista civile (Crema al Centro), questo significava passare da una fase pre– politica ad una fase politica e pertanto, da quel momento le strutture del Movimento non sono più state a disposizione e chi ha aderito a quella lista lo ha fatto a titolo puramente personale.
Credo che sia stato un comportamento corretto, con il quale il Consiglio Provinciale è sempre stato unanimemente concorde.
D'altra parte, ad ottobre del 1999, durante l'inaugurazione della nuova sede, in merito all'impegno politico in ambito locale, ovvero nell'ottica di aggregare le persone che condividono un progetto politico alla Dottrina Sociale della Chiesa, un progetto che abbia al centro l'uomo (non solo a parole ma anche coi fatti) dissi:
“Non credo che oggi ci siano spazzi per creare qualcosa di positivo operando all'interno di uno degli attuali partiti. Anche perché una scelta di questo tipo implicherebbe automaticamente una barriera con i cattolici impegnati in altri schieramenti. Credo quindi che l'unica strada praticabile sia quella di costituire liste civiche.
Bisogna che i cristiani imparino a convergere in maniera convinta e decisiva sui valori essenziali, a partire dal riconoscimento completo del diritto alla vita, dal concepimento alla morte naturale, fino ai diritti alla libertà, alla pace, all'ordine, alla giustizia ed alla democrazia.
Dobbiamo fare in modo che l'obiettivo sia comune a tutti i cattolici impegnati. E' chiaro che non può esserci l'obiettivo comune se ci si impegna in maniera frammentaria. Per incidere nei meccanismi della gestione della politica e quindi poter orientare una società, bisogna essere una presenza tangibile, altrimenti è solo semplice testimonianza politica che rischia di essere sommersa dalle altre realtà.
Bisogna avere il coraggio di ricostruire un'area politica “cristianamente ispirata”, capace di interpretare le reali esigenze del paese e di aggregare uomini e forze su valori condivisibili anche ad altri ”.
Scusate, ma mi sembrava giusto che, dopo che qualcuno ha divulgato alcune leggende metropolitane, potessi dire in casa mia, ai miei amici, quale è la verità.
A conclusione di questo argomento voglio ribadire che a tutt'oggi sono ancora convinto che prima o poi dovrà nascere un “centro”capace di rappresentarci. Ma attenzione ai falsi “centri” che quasi quotidianamente ci vengono proposti.
L'ho detto prima, impariamo a valutare gli schieramenti, i partiti, le persone non per quello che dicono ma per quello che fanno , per quello che concretamente mettono in pratica. Essere di “centro” vuol dire essere equidistanti dalla destra e dalla sinistra. Disposti, comunque, a collaborare a seconda delle circostanze, con l'una o con l'altra parte. Ribadisco, essere veramente di “centro” vuol dire essere autonomi, essere capaci di progettare con la propria testa, essere capaci di proporre senza complessi di inferiorità le proprie idee, essere capaci di avere attenzione intelligente e non preconcetta verso gli avversari. Essere di “centro” vuol dire essere indipendenti, non si può essere indipendenti e in modo più o meno esplicito si è già decisi ad appoggiare una parte o l'altra.
Dopo aver chiarito, mi auguro una volta per tutte, la nostra posizione trasparente al riguardo, credo sia giusto esprimere alcune osservazione più direttamente sul lavoro svolto dal nostro Movimento in ambito locale.
Come ho già detto all'inizio, la ristrutturazione della Sede provinciale ci ha tolto parecchie risorse in termini di tempo. Siamo soddisfatti di quello che abbiamo fatto ma, ora, ci attende il proseguimento del compito più importante che è quello dei contenuti. Compito che richiederà maggiori forze e pertanto nel prossimo quadriennio, bisognerà aumentare il coinvolgimento dei consiglieri provinciali.
Per quanto riguarda il CAF, l'assistenza fiscale, il patronato, grossi miglioramenti sono stati fatti. Nuovi servizi sono in cantiere e nel giro di poco tempo saranno attivati.
I nostri Circoli, come dico sempre: “ restano il luogo privilegiato della nostra esperienza associativa. Costituiscono il luogo di partecipazione attiva e democratica alla vita della comunità e nel futuro avranno ancora una grande valenza sociale e culturale. Non possono essere considerati come una realtà in via di superamento: dalle attività sportive e ricreative ai diversi momenti sociali. Il circolo è il cuore del nostro Movimento ”.
Voglio quindi ringraziare i Presidenti di Circolo e i loro Dirigenti per il grosso lavoro. Credetemi, non è facile oggi impegnarsi ed assumersi delle responsabilità per cercare di far funzionare bene un circolo. Capita a volte di essere criticati e spesso non si riceve neppure un minimo di riconoscenza per quello che si fa. Grazie di cuore.
Apro ora una spiacevole parentesi, che avrei evitato volentieri.
Cari Presidenti, mi dispiace constatare che a volte gli ostacoli principali sono posti da quelle strutture che gratuitamente servite. Sono sconvolto ed amareggiato leggendo l'articolo riportato sulla stampa ieri.
Mi hanno colpito, in modo particolare, alcune affermazioni fatte da persone, o ignoranti, nel senso che non conoscono la nostra realtà, o in malafede.
Non voglio polemizzare col giornalista che ha scritto l'articolo o chi l'ha ispirato, ma nessuno ha facoltà di ridicolizzare le persone solo perché sono anziane. Se nei nostri circoli ci sono anziani che usufruiscono dei nostri servizi ricreativi non è motivo di vergogna. In ogni caso sono persone che meritano tutto il nostro rispetto e nessuno ha il diritto di strumentalizzarle. Pertanto non condivido assolutamente alcuni passaggi di quel articolo visto che chi scrive dimostra, forse, di non essere informato riguardo ai servizi che offriamo.
Speriamo che dietro a queste affermazioni non ci sia una strategia messa in atto da qualcuno per impossessarsi delle nostre strutture senza rispettare le corretta procedure.
Credo, inoltre, che specialmente tra i Cristiani, prima di effettuare alcune scelte che riguardano una intera comunità, esse vadano discusse ed eventualmente concordate, perché nessuno ha il diritto di demolire il lavoro di tanti laici.
Inoltre chi afferma che facciamo poco, dimostri che cosa sta facendo di meglio.
E per finire questa parentesi … Chiedo esplicitamente a chi era rivolta la frase: “chi vuol capire capisce e ragione, che vuol restare arroccato su posizione preconcette e di chiusura i resterà a prescindere”.
Posso serenamente affermare che è positivo constatare che sempre più circoli richiedono, nella propria sede, la possibilità di svolgere i vari servizi di cui il Movimento si occupa. Finalmente si comincia a vedere il circolo non solo come luogo ricreativo ma come una realtà dove vengono soddisfatte le tre principali finalità del MCL: formazione – servizi – sana ricreazione.
Innanzitutto la Formazione: non fare formazione vuol dire non essere MCL. In questo campo non si fa mai abbastanza, non c'è stato passaggio di questa relazione che non l'abbia ribadito.
Il Circolo MCL deve avere un ruolo importante nella Pastorale Parrocchiale, collaborando con la Parrocchia in cui opera. All'interno della Parrocchia deve anche sforzarsi di trovare momenti dove riscoprire il valore della preghiera.
A tal proposito voglio ricordare il Pellegrinaggio annuale a Caravaggio. Un'esperienza di fede che, anno dopo anno, coinvolge sempre più persone (quasi 500 l'ultima volta).
Il Circolo MCL deve impegnarsi ad analizzare e riflettere sulle linee pastorali che ogni ano ci vengono proposte dal nostro Vescovo. Quelle per l'anno 2000-2001 “Sosta ad Emmaus” sono incentrate sul tema del giorno del Signore. Così, per tornare all'argomento del nostro congresso, riflettere su questo tema, diventa ancora più significativo oggi quando l'uso distorto della globalizzazione in campo economico, e cioè il profitto a tutti i costi, ha portato a ritenere giusto che i centri commerciali rimangano aperti anche la domenica.
Ricordo infine che abbiamo due circoli che operano nella diocesi di Lodi. Pertanto dovremo pensare a qualche iniziativa pubblica da svolgere in questa realtà.
Non voglio dimenticare e desidero ringraziare i nostri Giovani. Ogni settimana si riuniscono e lavorano per creare momenti formativi anche per questa fascia d'età. In questi quattro anni sono riusciti ad organizzare, oltre agli incontri nei circoli, anche sette capiscuola che hanno sempre ottenuto una partecipazione significativa.
Concludendo vorrei sottolineare con grande soddisfazione che il Consiglio Provinciale uscente si presenta unito a questo nono congresso. Non ci sono mai state incomprensioni e contrapposizioni.
Cari Consiglieri, vorrei ringraziarvi tutti per nome, ma non lo faccio per paura di dimenticare qualcuno.
Ringrazierò uno solo come rappresentante di tutti e sono sicuro che ringraziando Don Emilio per tutto quello che fa per il nostro movimento, e credetemi è proprio tanto, ringrazio tutti voi.
Oggi vi ho proposto un obiettivo:
essere protagonisti della globalizzazione che può sembrare un sogno, pura utopia.
Dobbiamo avere il coraggio di sognare:
- sognare di riuscire a dare una forte carica di umanizzazione alla globalizzazione
- sognare un villaggio globale costruito e gestito dalla solidarietà di tutti verso tutti.
Questo sogno è affidato ad ogni attore sociale, ai singoli e ai gruppi.
Il futuro è simile a un grande fiume: il suo percorso è in un certo qual modo già determinato dalla geologia, dalle epoche passate, dalle piogge e dalle sorgenti. Eppure quell'acqua può essere imbrigliata, perché non allaghi i campi, non rechi danni alle colture e alle abitazioni, ma dia acqua alle città e alle campagne. Una diga ha raccolto le acque del Nilo e ha creato il Mare Nasser. Un lago artificiale, più esteso della Sicilia, dà energia e acqua a tutto l'Egitto.
Grazie per la vostra attenzione.
Minidossier per l'animazione
La globalizzazione
Ed La società
Prospettive e rischi della globalizzazione
Nguyen Thai Hop
Pront. Università San Tommaso Roma
La globalizzazione. Una valutazione
Mons. Jorge Meija
Segret. Congregazione per i Vescovi – Vaticano
La trappola per la globalizzazione
Carletto Carlone – Gianluigi Giuliano – Antonio Mastropaolo
Capire la globalizzazione
Le monde diplomatiqu
La globalizzazione
Dott. Tomat di Lotto
Il ruolo del sindacato nell'età della globalizzazione
Sergio Zaninelli
Università Cattolica del Sacro Cuore – Milano
L'etica di fronte alla Globalizzazione
Aggiornamenti Sociali 12/2000
Traguardi sociali ottobre/2000
Martino – Sciacqua
Flaviano Pellegrini
La mozione del congresso provinciale (approvata all'unanimità)
Il Movimento Cristiano Lavoratori di Crema, riunito nel suo 9° Congresso ascoltata la relazione del Presidente Provinciale uscente Flaviano Pellegrini, l'approva all'unanimità.
In particolare il Movimento Cristiano Lavoratori di Crema, ribadisce la volontà di voler essere Chiesa, servire la Chiesa, conoscere e far conoscere la Dottrina Sociale della Chiesa. Il MCL ha nel mondo del lavoro il luogo privilegiato in cui fondare il proprio essere storico.
Vuole, in questi anni, affrontare la verifica della propria vita associativa e dei contenuti culturali che ad essa hanno dato spessore e dignità. Così facendo si potrà avere fertile progettualità da offrire alla Chiesa locale ed al Territorio con amore e dedizione. Il tutto tradotto in percorsi di formazione e di fede.
Vuole altresì rendersi artefice di dialogo e comunione tra le varie forme associative presenti in Diocesi.
Rifiutato il primato dell'economia sulla morale, respinta la tesi che il mondo dell'economia e della morale siano solamente distinti e separati, il MCL addita la via della solidarietà e della sussidiarietà come l'unico terreno sul quale fondare soluzioni eque ed avanzate per i mutamenti e i problemi indotti con la globalizzazione.
Solidarietà che i lavoratori e le Organizzazioni sociali e Sindacali debbono costruire su un piano di giustizia tenendo presenti i suggerimenti del Magistero Sociale della Chiesa.
Occorre riscoprire i valori che fondano la convivenza, ricreare il rapporto organico che lega gli uni agli altri, per dare senso alla solidarietà e alla sussidiarietà che appaiano non solo nelle grandi emergenze, e che sono in antitesi con l'individualismo; solidarietà nella ripartizione dei sacrifici e nella ridistribuzione delle risorse.
Visti i fenomeni di frantumazione presenti nella società il MCL ha il dovere di allinearsi al compito storico dei cattolici di raccogliere le istanze più profonde dei cittadini e di contrastare le spinte egoistiche settoriali.
Dobbiamo pertanto portare la nostra presenza sia nel campo sociale che politico, nel primo in maniera diretta, nel secondo attraverso la testimonianza dei valori cristiani.
Occorre, se necessario, riscoprire anche il senso antagonistico della presenza cristiana col dare supporto organizzativo e serietà operativa al volontariato inteso come una vera vocazione cui corrispondere con coerenza e responsabilità.